DUE EPISODI BREVI: “Autunno. Una mattina di buon’ ora m’infoderavo nei vestiti, calzavo gli scarponi, e dopo un caffè moka versato in bocca a velocità espresso, mi gettavo sulla strada sfocata dalla forza della pioggia che spruzzava dall’ asfalto e dalle macchine, la voporsità delle goccie percosse dalla durezza della materia.
Il freddo mi aveva intirizzito le gambe. Il suono tamburellante dell’ acqua sulla cupola di stoffa acetata dell’ombrello mi stava facendo riaddormentare in piedi. Il mio impermeabile giallo mi avrebbe fatto confondere con la fermata dell’autobus, talmente eravamo simili nell’ immobilità, che l’unica cosa a farmi notare da una donna che aspettava lì, fu un mio starnuto: “EESPSCIA’ ! ” Si girò di sprassalto. Accennai un sorriso con un angolo della bocca, come dirle “raffreddore in agguato”. Si allontanò senza voler dare nell’ occhio, di due passi laterali.
Passano pochi minuti. Il suono tamburellante dell’acqua, stava facendo addormentare tutt’ e due. Stavolta era lei: “EESPCCE!” Mi guardò da dietro il fazzolettino di carta come se pensasse: “bastardo me l’hai attaccato!”
A un certo punto davanti a noi, fra due palazzi precipita rapida una vena di luce che fulmineamente all’estremità si dirama come una mano dalle dita rinsecchite:
noi rimaniamo impietriti e imbamolati dalla rapidità
eppoi
un botto pazzesco del tuono: ” KKRRAAATRABUDRUAAAAAAAAAAM!”
I vetri dei negozi fibrillano nei ricoveri di metallo.
Noi due pure, dentro i vestiti …
Quattro ore dopo sulle scale che portano in ufficio. Stò salendo energicamnete i gradini quando la punta dello scarpone sbatte sul gradino bloccando di netto il mio slancio, cosa che mi fa perdere completamente l’ equilibrio, ma mentre sto per andare con la nuca verso l’angolo di marmo del gradino in basso, un guizzo nel mio corpo decide al posto del mio cervello, e la mia mano trova da sola lo scorrimano di legno, al quale si avvinghia come un braccialetto al polso.
Le persone che sono sulla scalinata, rilasciata la contrazione della tensione allo stomaco, tirano un sospiro di sollievo. Io io pure ma più di uno.
Mentre risalivo camminando verso la mia scrivania ripensavo al guizzo che mi aveva salvato dalla caduta, alla sua rapidità, e mi tornò subito in mente una vena di luce che fulmineamente all’estremità si diramava come una mano dalle dita rinsecchite.
Poi, la reazione emotiva delle persone vicino a me e io stesso,
un botto pazzesco del tuono:
” KKRRAAATRABUDRUAAAAAAAAAAM!”…
OGGI
Ecco. Io credo che questi due episodi abbiano indicato alla mia coscienza l’esistenza di manifestazioni che parlano di un’anima delle cose e di un’ anima in me. Un’ anima che è con me, in me, ma non “mia” (come non lo è la sposa ad esempio), e che era diversa da come me la immaginavo o da come alcuni me l’avevano raccontata.
Andrea
(un saluto al blog e ai suoi amici)